Gli stabilimenti produttivi italiani del Secondo dopoguerra si caratterizzano, rispetto ai decenni precedenti, per una maggior varietà nell’articolazione dei volumi e per l’impiego sempre più diffuso, negli impianti come nei macchinari, di apparati tecnologici disponibili sul mercato internazionale.
Nel ripensamento della fabbrica tradizionale – intesa come involucro indifferenziato, con struttura puntiforme a pilastri e copertura a shed – condiviso da progettisti noti come da quelli meno conosciuti, emergono nuovi caratteri formali e funzionali, come la ricerca della riconoscibilità di un complesso edilizio, il rispetto di criteri di comfort degli spazi di lavoro per gli operai, l’annessione di servizi sociali accessibili anche alle famiglie degli operai.